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Mont Fallère (m.3061), Alpi Graie, Valle d'Aosta
27 settembre 2015

Immediatamente a nord-est di Aosta, il Mont Fallère è conosciuto come un belvedere su tutte le principali cime valdostane. E' una camminata escursionistica di circa 1400 metri di dislivello con una cresta finale rocciosa percorsa da una traccia di sentiero agevolata da una catena fissa. Una gita organizzata da un amico della S.E.M. (Società Escursionisti Milanesi) è l'occasione per salire su questa vetta.

Dal parcheggio più alto di Vetan (m.1765) iniziamo seguendo il sentiero numero 13 che sale su prati. Il Mont Fallère è avvolto nelle nuvole, si vede invece quella che crediamo essere la croce dell’alpeggio Tsa della Comba e che si rivelerà essere un “palo” metallico poco distante dalla croce: passeremo comunque di là. Più avanti il sentiero diventa in comune con il 12, percorre un tratto pianeggiante e supera un paio di vallette con altrettanti ruscelli, fino al bivio in cui abbandoniamo il 13 a sinistra e continuiamo sul 12 a destra. Questo non è il bivio indicato su alcune delle nostre cartine, che in questo caso si dimostrano imprecise. Entriamo nella conca dell’Alpe Loè (m.1986) e con qualche tornante di un interpoderale arriviamo alla malga, dove inizia il sentiero 10 che risale il pendio retrostante. Dopo una rampa diagonale, ad un bivio il direttore di gita dimostra di avere un buon colpo d’occhio individuando il sentiero giusto in uno inerbato che sale a sinistra e con i segni gialli più avanti, tralasciando un altro ben più evidente che va a destra, verso la Becca France. Il sentiero sale in diagonale il pendio, sfiora il palo metallico e raggiunge l’alpeggio Tsa della Comba (m.2267), raggiunto da un’interpoderale dal versante opposto e sormontato dalla “vera” croce.

Qui le nostre cartine e i cartelli sono concordi: alla prima curva dell’interpoderale parte il sentiero 9 che punta dritto al Monte Fallère, che è di fronte a noi ma sempre in mezzo alle nubi. Scopriremo al ritorno che esiste un altro sentiero, che inizia immediatamente a sinistra dell’alpeggio, più lungo ma che attraversato un prato diventa ben marcato e si congiunge al sentiero 9 più in alto, a circa 2400 metri. Il 9 invece è un sentierino, che spesso si perde in tracce, con qualche segno giallo e pochi ometti. A quota 2450 circa c’è un masso: lasciamo a destra il 14 che va al Lago Fallère. A quota 2640 circa, ad una piccola selletta erbosa, il sentiero attraversa orizzontalmente una pietraia sulla destra, fa ancora alcune svolte e si immette nel sentiero 8a.

Inizia ora la parte più faticosa della salita. Questo sentiero è stretto ma ottimamente tracciato e sale con numerosi tornanti il ripido pendio prima erboso e poi detritico che termina con la cresta est del Mont Fallère, sfiorando le rovine del vecchio rifugio Capanna Margherita (m.2983), abbandonato da un secolo. Saliamo sempre in mezzo alle nuvole, qualcuno fa notare che il panorama doveva essere molto bello. Per me oggi non ha importanza prioritaria, la vista delle cime valdostane la conosco, ma alcune persone del gruppo speravano proprio di vederle. Non sanno ancora che tra poco cominceranno a rifarsi. Sbucati in cresta, ad una altitudine di circa 3040 metri, sul versante opposto la copertura nuvolosa è molto più ridotta permettendo la vista di molte cime delle Pennine, tra cui il Cervino. Resterà avvolto dalle nubi il massiccio del Monte Bianco.

Qui comincia la rocciosa cresta finale. E’ quasi orizzontale con un solo marcato salto di qualche metro, agevolata quasi interamente da una catena metallica e percorsa da una traccia di sentiero che si tiene sul lato sud o raramente sul filo (in alto le rocce del versante nord erano ricoperte da numerose chiazze di neve settembrina). Tutti i 16 partecipanti arrivano in cima, per molti è l’ennesimo “tremila” ma per qualcuno si tratta del primo.

Scendiamo per lo stesso itinerario, con la variante già descritta del sentiero meglio tracciato. Man mano si scoprono le montagne dall’Emilius al Rutor con un bel primo piano della Grivola. Come detto le nevicate di settembre non sono state importanti ma hanno lasciato imbiancati i versanti nord, ripristinando un paesaggio autunnale. La conclusione avviene al ristorante/albergo di Vetan con bevande e tagliere di pane, salamini e fontina offerto dalla casa e saluti tra tutti i partecipanti con ringraziamenti al direttore di gita che ha sempre tenuto il controllo della situazione.


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