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Ludwigshohe (m.4342) dal rifugio Gnifetti; gruppo del Monte Rosa; 5-6 luglio 2019

L’Enciclopedia della Valle d’Aosta dice: "La Sommità di Ludovico fu scalata il 25 agosto 1822 dal barone austriaco Franz Ludwig von Welden, che le diede il nome del santo di quel giorno nonché il proprio". Aggiungo che il von Welden era un militare di carriera che comandava gli austriaci nel Lombardo-Veneto. Dopo aver contribuito alla repressione dei moti patriottici lombardo-piemontesi del 1821, si occupò della topografia del Piemonte. Sposò Teresa Sopransi, una donna che aveva fatto parte della Carboneria, aveva conosciuto il conte Confalonieri (uno degli ideologi dei moti), si era salvata grazie al von Welden e aveva una villa sul Lago d'Orta. Dalla villa il von Welden partiva per le sue esplorazioni, culminate nel 1824 con la pubblicazione di "Der Monte Rosa", primo libro sul massiccio.

Io e l'amico Giuliano partiamo alle 5.30 dal rifugio Gnifetti, il mio termometro segna 7 gradi, la neve è abbastanza dura, la traccia sul ghiacciaio è evidente e segue una linea piuttosto diretta. Il ghiacciaio del Lys è coperto dalla neve, ho contato però 7-8 crepacci fino al Colle del Lys, due scavalcati con un semplice salto e gli altri, di cui almeno tre di rispettabili dimensioni, superati con ponti di neve.
Fino a 4000 metri procedo bene, meglio di ieri salendo al rifugio. Recentemente mi sono mancate 1-2 occasioni di allenamento, la salita al rifugio Gnifetti è servita anche a quello e mi sembra che la notte in quota mi abbia fatto bene. Dopo i 4000 metri, cioè circa in una conca sotto il Balmenhorn, faccio più fatica e ogni 70-100 passi mi fermo a riprendere fiato.

Dopo 2 ore siamo un po' più alti del Colle del Lys, dove la pista per la Ludwigshohe si divide da quella più frequentata per la Capanna Margherita. Avevamo considerato anche l’opzione di percorrere integralmente la cresta nord-ovest della Ludwigshohe, che divide il ghiacciaio del Lys da quello del Grenz, ma è invitante la pista lungo il pianoro verso il Colle delle Piode, ai piedi del versante nord-est della nostra cima.
Senza raggiungere il colle la pista svolta bruscamente salendo a destra e tagliando diagonalmente il versante nord-est arriva alla crepaccia terminale. La superiamo su un ponte di neve e subito dopo troviamo circa 50 metri più ripidi che portano sull’ultimo tratto di cresta. Qualcuno sorriderà ma questi pochi metri li classifico PD. Alcuni metri di cresta, un piccolo crepaccio da superare pochi metri sotto la cima e arriviamo sulla piccola vetta alle 7.50. Avevamo previsto di impiegarci 3 ore, come tempistica è andata meglio: 2h20.

Sulla cima ci fermiamo poco e veniamo raggiunti da altre due cordate. Il tempo da sereno vede ora qualche nuvolone sulle cime più alte. Mentre mi preparo a scendere faccia a monte il tratto più ripido, vedo che non sarà necessario: le due cordate che ci hanno seguito hanno preparato un tracciato alternativo con gradini molto ben marcati. Superata nuovamente la crepaccia terminale, il resto della discesa fortunatamente è senza storia.


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